Escoriazioni e piccole ferite: come trattarle?

In estate, tra abbigliamento leggero, sport all’aperto e maggior utilizzo, ad esempio, della bicicletta, può capitare più facilmente di avere piccoli incidenti e riportare abrasioni o ferite.

La ferita è una lacerazione della cute che può essere superficialeprofonda (se vengono coinvolti anche gli strati sottostanti) oppure penetrante (se risultano danneggiati anche degli organi interni). L’escoriazione è invece una lesione caratterizzata dalla perdita degli strati più superficiali della pelle, una sorta di spellatura, causata da sfregamenti ed urti contro superfici ruvide.
Ferite ed escoriazioni provocano un immediato sanguinamento che in caso di piccoli traumi non dura più di qualche minuto ma sottopongono comunque l’organismo al rischio di infezione.

La pelle rappresenta infatti la nostra barriera difensiva contro le aggressioni esterne: le lesioni che ne interrompono l’integrità consentono quindi ai microorganismi patogeni presenti nell’ambiente o a sulla nostra cute di penetrare liberamente e di attaccare il nostro sistema immunitario con conseguenze che possono essere anche molto serie. È fondamentale quindi sapere come trattarle fin da subito, tenendo presente innanzitutto che i piccoli tagli e le escoriazioni leggere possono essere curate in casa mentre in caso di ferita profonda è opportuno rivolgersi al medico o ricorrere al pronto soccorso.

Medicare una ferita vuol dire prima di tutto procedere ad una pulizia accurata della lesione e della zona circostante, che può essere effettuata utilizzando acqua corrente fredda o soluzione salina. Per allontanare eventuali tracce di terra, polvere, frammenti o spine si può dirigere sulla lesione un getto violento di acqua oppure utilizzare pinzette o aghi precedentemente sterilizzati con una fiamma. Prima di procedere con qualsiasi tipo di operazione sulla cute lesa, è comunque molto importante lavare accuratamente le mani ed eventualmente indossare guanti in lattice.

Nella pulizia è poi meglio aiutarsi, se necessario, con garze sterili evitando di usare il cotone idrofilo che potrebbe lasciare nella ferita fili o piccoli residui.

Dopo il lavaggio si procede alla disinfezione. A questo scopo si può utilizzare uno dei numerosi disinfettanti disponibili in commercio: la zona circostante può essere trattata con prodotti per cute integra, mentre per la zona colpita saranno necessari prodotti specifici per cute lesa, non alcolici e che contengono sostanze quali iodio, cloro, acqua ossigenata e così via; è bene tenere presente che un disinfettante non ancora scaduto ma aperto da molto tempo potrebbe avere perso la sua efficacia. Una volta che il disinfettante si è asciugato si può coprire la ferita, a scopo protettivo, con garze sterili e cerotti.

È importante infine seguire per qualche giorno il decorso della ferita: se la lesione non guarisce, se appare arrossamento, gonfiore, calore nella zona circostante la lesione, se si sente dolore o bruciore con molta probabilità c’è un principio di infezione: a questo punto si rende necessario rivolgersi subito al farmacista o al medico che prescriverà la terapia più idonea che, se non interveniamo tempestivamente, potrebbe anche includere la somministrazione di antibiotici orali.

Uno dei rischi infettivi maggiori, se non siamo regolarmente vaccinati, è infine il tetano: in questi casi, soprattutto se si tratta di ferite profonde o provocate da oggetti sporchi e arrugginiti, dobbiamo rivolgerci subito al medico per essere sottoposti a trattamento antitetanico entro le 24 ore.

Infine, se si tratta di una lesione importante, dovremmo scongiurare il rischio di avere una brutta cicatrice. In questo caso, non appena si sia formata la crosta e nel caso la ferita non presenti complicanze batteriche, sarà bene applicare pomate cicatrizzanti a base di acido ialuronico o aloe, per una guarigione più sicura e veloce. Chiedete sempre consiglio al vostro medico e al vostro farmacista di fiducia!

Solari: come scegliere?

Le formulazioni di solari in commercio sono ormai tantissime… ma siamo sicuri di saper scegliere il solare giusto per noi? Vediamoci chiaro.

Un prodotto solare adeguato, dal punto di vista cosmetologico, deve essere: in grado di proteggere da tutte le radiazioni ultraviolette (UVB, UVA corti e UVA lunghi); fotostabile; sicuro, non tossico e non sensibilizzante; resistente all’acqua e al sudore; di facile applicazione e gradevole sulla pelle.

I principi attivi nei cosiddetti filtri solari “chimici”, grazie alla loro struttura, sono in grado di assorbire la luce UV (anche se non è ancora possibile quantificare con esattezza la loro efficacia sui raggi UVA). Il biossido di titanio e l’ossido di zinco, invece, sono sostanze minerali inerti e dal forte potere coprente, che riflettono fisicamente la luce del sole e che per questo rientrano tra i cosiddetti schermi fisici, preferibili in caso di pelle atopica o particolarmente sensibile. Oltre a filtri e/o schermi, la formulazione del prodotto solare prevede l’aggiunta di eccipienti, che determinano texture, resistenza all’acqua e alla sudorazione, facilità di applicazione, rapidità di assorbimento, permanenza del prodotto sulla pelle e così via.

Il primo elemento da considerare nella scelta di un solare è naturalmente il fattore di protezione, ovvero l’SPF. Questo numero indica quante volte è possibile moltiplicare il tempo di permanenza al sole prima che compaia l’eritema solare. Un prodotto con SPF 10, ad esempio, permetterebbe di stare al sole un tempo 10 volte più lungo di quello normalmente previsto per non scottarsi esponendosi senza protezione nelle stesse condizioni. Tuttavia, la durata di efficacia di un filtro solare non può essere calcolata così meccanicamente, perché una serie di fattori, tra cui la durata dell’esposizione, l’ora del giorno, la posizione geografica e le condizioni meteorologiche, influenzano la quantità di radiazioni solari che raggiunge una persona. In linea di massima è raccomandato scegliere un SPF inversamente proporzionale al proprio fototipo: tanto più la pelle è chiara, tanto maggiore deve essere il fattore di protezione (che possiamo gradualmente diminuire nel corso della vacanza). Qualora la carnagione sia pure olivastra ma soggetta a macchie cutanee, è necessario schermare comunque il viso con protezioni 50+, anche in città.

Anche l’applicazione della crema solare ha le sue regole. Deve essere spalmata almeno 20 minuti prima dell’esposizione solare e va riapplicata ogni 2 ore durante l’arco della giornata, in quantità abbondanti. Questo significa che sarebbe necessario ‘coprire’ uniformemente tutta la superficie corporea con almeno 2 milligrammi di crema per centimetro quadro di pelle (per un adulto normopeso, l’equivalente di due cucchiai da tavola). Prestiamo inoltre particolare attenzione alle zone sensibili come il naso, le orecchie e i piedi. È bene poi utilizzare, soprattutto sulle pelli mature, una protezione specifica per il viso, che avrà una formulazione e spesso un SPF diverso da quella per il resto del corpo. La protezione per il viso andrebbe usata anche in città e in qualsiasi condizione climatica, poiché i raggi UVA, responsabili dell’invecchiamento precoce, attraversano anche le nubi.

Per quanto riguarda le texture, infine, purché il solare sia sicuro, non abbiamo che da scegliere in base alle nostre preferenze e comodità, facendoci sempre consigliare dagli esperti del reparto dermocosmetico!

Dolori muscolari e articolari: curarli con la Natura

Le inaspettate ondate di freddo del Maggio appena trascorso stanno portando alla ribalta tante piccole patologie tipicamente autunnali e invernali. Tra queste spesso troviamo i dolori muscolari, articolari e reumatici, disturbi frequenti tutto l’anno ma che si aggravano con freddo e umidità.

Tra i dolori muscolari, i più diffusi sono quelli alle spalle, alla schiena (zona lombare soprattutto) e alle gambe (anche se in quest’ultimo si manifesta soprattutto dopo uno sforzo fisico).
dolori articolari colpiscono invece solitamente i gomiti, le anche, le ginocchia e le caviglie
Alla base di ogni dolore c’è un’infiammazione del tessuto sottostante, sia esso muscolare o articolare, che può crearsi da un’eccessiva rigidità (causata appunto dal freddo o dalla sedentarietà) oppure dal riflesso di un organo o apparato circostante che si trova in stato di forte infiammazione.
In quest’ultimo caso, il dolore muscolare o articolare è un riflesso di un problema che si trova altrove, spesso nelle vicinanze: se non si risolve il problema all’origine, non si troverà beneficio nemmeno a livello muscolare o articolare. 

L’infiammazione deve essere infatti limitata nello spazio e nel tempo, altrimenti diventa da acuta a cronica, oppure da locale a sistemica.
Per curarsi adeguatamente, soprattutto in caso di fastidi cronici o ricorrenti, occorre quindi fare delle indagini dallo specialista e, sul lungo termine, correggere il proprio stile di vita.

Per quanto riguarda i trattamenti farmacologici, in caso di infiammazione e dolore normalmente si utilizzano i cosiddetti FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), quali ad esempio ibuprofene, naprossene, ketoprofene, diclofenac e così via. Tuttavia, a lungo andare questi farmaci possono causare effetti collaterali anche gravi, soprattutto sull’apparato gastrointestinale (difficoltà digestive, dolori e bruciori di stomaco, alterazioni della flora intestinale e del sistema immunitario, lesioni della mucosa gastrica, fino a ulcere gastriche e lesioni intestinali). Possono inoltre alterare l’eliminazione dei liquidi e del flusso sanguigno, provocando ipertensione e alterazioni della funzionalità cardiaca, epatica e renale. Se questi effetti sono ridotti con un uso sporadico e limitato nel tempo, l’uso ricorrente dei FANS porta invece all’accumulo di sostanze nocive che nelle articolazioni causano degenerazione della cartilagine e aumentano il rischio di cronicizzazione dell’infiammazione, indebolendo inoltre l’organismo e il sistema immunitario. Quando il dolore è sopportabile ma cronico o prolungato, cosa possiamo fare allora? Oggi la ricerca ha riconosciuto le capacità curative di diverse piante e sostanze di origine naturale, con cui poter fare terapie e tenere sotto controllo l’insorgenza di recidive in sicurezza. Si tratta di sostanze come la Glucosammina, che favorisce il trofismo dei tessuti, sostenendo in particolare il benessere osteoarticolare, o il magnesio, ottimo rimedio per i crampi muscolari; o ancora fitocomplessi che sfruttano il potere curativo e antinfiammatorio di piante come Basilico santo, Salvia officinale, Curcuma e Boswellia, aggiungendo l’acido ialuronico, importantissimo protettore delle cellule e dei tessuti, a completare una formula tutta naturale per il nostro benessere. Chiedete consiglio al vostro medico e al vostro farmacista di fiducia: sapranno indicarvi il rimedio più adatto alle vostre esigenze!

Un aiuto contro l’intolleranza al glutine…

La celiachia, lo sappiamo, è una malattia cronica su base autoimmune, che, in presenza di ingestione di alimenti contenenti glutine, scatena una risposta immunitaria a livello dell’intestino tenue, danneggiandone la mucosa e provocando spesso sintomi come dolori addominali, diarrea e/o costipazione cronica, ritardo nella crescita nei bambini, anemia e carenze nutrizionali, stanchezza psicofisica.

Esiste però una condizione con sintomi simili che non è da confondere con la celiachia: si tratta della sensibilità al glutine non celiaca, nota anche come NCGS (dall’inglese Non-celiac gluten sensitivit). Per poter parlare di celiachia, infatti, non basta la presenza di sintomi fortemente suggestivi, ma occorre, sempre e comunque, dimostrarne l’esistenza tramite specifici test. Una diagnosi accurata è molto importante, anche perché talvolta i sintomi della celiachia sono atipici o addirittura assenti. Nella sensibilità al glutine non celiaca, invece, accade esattamente il contrario, ovvero abbiamo la presenza di sintomi che possono far pensare alla celiachia nonostante il soggetto non presenti alcuna traccia di “anticorpi anti-glutine” e nessuna traccia di lesioni della mucosa intestinale.

E allora, come distinguerle? In genere, la sensibilità al glutine è un disturbo meno severo rispetto alla malattia celiaca; tuttavia presenta ugualmente una certa varietà di manifestazioni, come dolori e gonfiori addominali, alternanza di diarrea o stipsi, dermatiti ed eczemi cutanei, mal di testa e mente annebbiata, affaticamento, con o senza dolori muscolari e articolari, che scompaiono eliminando le fonti di glutine dalla dieta, per poi ricomparire con la sua reintroduzione.

Cosa fare? Come già detto, in presenza di questi sintomi la prima cosa da fare è escludere che si tratti di celiachia o di allergia al grano. Se un tempo era possibile effettuare la diagnosi solo tramite biopsia intestinale, oggi esistono esami decisamente meno invasivi, compresi alcuni autotest facilmente reperibili in farmacia.

Una volta accertata l’entità del problema, una dieta il più possibile priva di glutine sarà senz’altro la garanzia migliore di benessere anche in questo caso e, se ne traiamo giovamento, una conferma che siamo in presenza di NCGS, altrimenti difficile da diagnosticare. Chiaramente, oltre a questo aspetto, occorre rivalutare l’alimentazione nella sua interezza, poiché spesso l’intolleranza al glutine può manifestarsi in persone che hanno semplicemente mangiato troppo e male. Il glutine inoltre si può assumere spesso involontariamente, da cibi “contaminati”. In questi casi si può ricorrere a un integratore alimentare opportunamente formulato.

Da oggi, i soggetti con sensibilità al glutine, così come coloro ai quali è stata diagnosticata la celiachia ma temono una cross-contaminazione, possono infatti contare su un aiuto in più: Glutenam della Named. È un nuovo integratore naturale a base di Tolerase G, un enzima specifico innovativo in grado di degradare la gliadina, frazione proteica che i soggetti con sensibilità al glutine non riescono a degradare e responsabile degli effetti indesiderati. Contiene inoltre l’estratto di Carvi, pianta nota fin dall’antichità per le sue proprietà antispastiche e digestive, utile in tutti i casi di cattiva digestione.

Se avete dubbi chiedete consiglio al vostro medico e al vostro farmacista di fiducia!

Aloe vera: il succo del benessere

Chi non conosce i benefici dell’Aloe vera sulla pelle? Lenitiva, cicatrizzante, idratante, è ormai presente in
molte delle migliori preparazioni cosmetiche. Ma sapevate che i benefici del gel di Aloe sono ancora più
notevoli se viene assunta per via interna
?

immagine da tuttogreen.it

Il succo di Aloe, che altro non è che una diluizione del prezioso
gel delle sue foglie, è infatti un concentrato di benessere, adatto in particolare ad affrontare i cambi di
stagione e tante piccole patologie. È ad esempio un toccasana per la regolarità dell’apparato gastro-
intestinale, poiché contiene l’acemannano, un mucopolisaccaride naturale che ha effetto protettivo sulla
mucosa di stomaco e intestino. Le sue proprietà antinfiammatorie lo rendono adatto anche per problemi
molto comuni come colite, gastrite e altri tipi di infiammazioni (purché sia senza Aloina, sostanza di cui
sono privi la maggior parte dei prodotti erboristici in commercio).
È stato dimostrato poi che il succo di Aloe ha proprietà immunostimolanti e aiuta l’organismo a difendersi
dagli attacchi di virus e batteri nei momenti in cui è maggiormente provato, come appunto ai cambi di
stagione. Per lo stesso motivo, aiuta anche contro alcune comuni infezioni, come l’Escherichia coli e la
Candida albicans, per combattere le quali può essere associato ai preparati specifici a base di Tea tree oil o
di estratto di semi di Pompelmo. L’Aloe vera è inoltre una miniera nutrizionale di Sali minerali e
vitamine ed esercita un’importante azione disintossicante e antiossidante, combattendo i radicali liberi
responsabili dell’invecchiamento cellulare del nostro corpo. Ecco perché assumendo succo di Aloe spesso si
notano miglioramenti anche a livello della pelle, dei capelli e delle unghie! Si tratta quindi di un tesoro
tutto da scoprire, con pochissime controindicazioni (come la rara ipersensibilità intestinale al prodotto); se ne
sconsiglia poi l’uso in gravidanza (poiché non ci sono studi che ne provino la sicurezza) e durante
l’allattamento (poiché renderebbe il latte amaro e poco gradito al bambino).
Per il resto, salvo diverso parere del medico, via libera a questo elisir di salute!

Nude look: il trucco c’è… ma non si vede!

Alcune donne non amano il trucco perché temono di apparire diverse e ci tengono ad avere un aspetto “autentico”; per altre è una questione di tempo; altre ancora, specie le più giovani, amano seguire i trend del momento, che propone un look semplice ma luminoso e femminile, con il cosiddetto effetto “pelle nuda” e un risultato molto naturale.

E allora, come fare? Con i prodotti giusti il nude look è semplice da realizzare e alla portata di tutte, veloce e perfetto per non appesantire i tratti del viso illuminato dal nuovo sole di primavera.

Per ottenere un effetto “pelle trasparente” e un colorito naturale dobbiamo ovviamente partire dalla base. Dopo aver attenuato eventuali imperfezioni e arrossamenti con un correttore specifico (ricordando di sfumarlo bene e fissarlo con una polvere rissatrice), applichiamo una piccola dose di BB cream o fondotinta: optiamo, in questo caso, per formule leggere, idratanti e semitrasparenti, che contengono solitamente micropigmenti fotoriflettenti. Il viso risulterà subito luminoso dandoci un aspetto riposato e naturale. Non dimentichiamo poi di fissare il colore con una spolverata leggera di cipria libera o compatta illuminante, che garantirà un trucco duraturo.

Fondamentale per avere un aspetto salutare è poi l’uso del blush o fard, la cui scelta dipende dal tipo di pelle: per una cute a tendenza secca sarà bene usare uno stick cremoso dall’effetto satinato, altrimenti possiamo optare per la classica polvere compatta, scegliendo il colore a seconda dell’incarnato. Sapete come va applicato? Facendo un bel sorriso stendetelo sulla parte più sporgente delle guance, sfumando bene verso l’esterno: l’effetto sarà un salutare colorito rosato che toglierà immediatamente i segni della stanchezza e il accenderà il nostro viso anche quando ci sentiamo particolarmente spossate.

E il contorno occhi? Per questa zona largo a illuminanti cremosi o in polvere dall’effetto madreperlato ma senza esagerare con le quantità di prodotto, per non accentuare i segni d’espressione. Come primo passo vanno schiariti gli angoli interni degli occhi, che sono il punto più scuro del viso: basta un tocco di ombretto chiaro da sfumare col pennello fino a metà della palpebra mobile e anche sotto l’arcata sopraccigliare. Per definire lo sguardo passiamo invece un tratto di eye liner o matita marrone piuttosto sottile e ben sfumato alla radice delle ciglia, per poi stendere il mascara. Per l’esterno dell’occhio optiamo per ombretti con nuance naturali e brillanti; se andiamo di corsa potremmo addirittura sfruttare il nostro blush in stick, sfumandolo con la punta delle dita… anche sulle labbra!

Per la bocca opteremo ugualmente per prodotti veloci dall’effetto curato ma molto naturale: prima definiremo le labbra con una matita morbida color carne, da sfumare con un pennellino, poi applicheremo lucidalabbra trasparenti o rosati o balsami labbra colorati che rimetteremo facilmente più volte al giorno, ottenendo labbra sempre idratate.

E quando cala la sera? Per il trucco serale valgono gli stessi consigli di base, ma possiamo certo sbizzarrirci valorizzando occhi e labbra con tonalità più decise, come il nero e le varie sfumature di rosa o rosso. Se avete dubbi chiedete consiglio al reparto cosmetico della vostra farmacia di fiducia!

Il “colpo della strega”: come affrontarlo

C’è un disturbo molto comune che può colpire chiunque e il cui nome crea una certa, giustificata, inquietudine… è il famigerato “colpo della strega”!

Si tratta infatti di un dolore lancinante e improvviso causato da una contrattura muscolare che interessa la parte bassa della schiena e che tecnicamente si definisce “lombalgia acuta”. Immediatamente tutta la muscolatura lombare diventa estremamente rigida poiché al forte dolore i muscoli reagiscono con una contrazione che vanifica qualsiasi altro tentativo di movimento: è per questo che chi viene colpito tende a rimanere bloccato nella posizione in cui ha avvertito il dolore, cercando il punto di appoggio più vicino. La contrattura è la conseguenza di un allungamento eccessivo del muscolo, che, con un “riflesso da stiramento”, si difende per evitare complicazioni più importanti, salvaguardando l’integrità di muscoli e articolazioni.

I soggetti più a rischio sono dunque le persone più anziane, poiché nei giovani l’elasticità della muscolatura paravertebrale è maggiore. A rischio anche chi, per motivi di lavoro, mette sotto carico per molte ore la colonna vertebrale, come ad esempio i lavoratori sedentari o perennemente in piedi. Predispongono poi al mal di schiena anche alcuni dismorfismi della colonna vertebrale (scoliosi) e cadute o eventi traumatici pregressi, come il colpo di frusta.

Le cosiddette cause acute possono invece essere rappresentate da: uno sforzo intenso o improvviso, spesso innaturale, o, raramente, da un colpo di freddo; sollevamento di carichi eccessivi o sbilanciati; mancato o inadeguato riscaldamento prima dell’attività fisica; assenza di preparazione prima di un gesto atletico; squilibri metabolici alla base di un malfunzionamento muscolare. Esistono poi cause croniche come ad esempio: artrosi; ernia del disco; infezioni articolari; artrite reumatoide; tumori; fratture; polimialgia; malattia reumatica. I meccanismi di queste patologie possono in realtà intrecciarsi e dare luogo a circoli viziosi che si autoalimentano: alterazioni muscolari possono infatti causare problemi articolari e viceversa. A volte può accadere che le contratture persistano nel tempo o siano recidivanti, aprendo le porte al blocco dei movimenti.

Esistono dunque campanelli d’allarme che possono metterci in guarda sul fatto che stiamo compiendo movimenti errati, predisponendoci al colpo della strega. Si tratta, ad esempio, della comparsa di dolore alla schiena salendo o scendendo dall’auto o alzandosi dal divano; dolore o vertigini quando volgiamo lo sguardo in su; fitte in zone variabili della colonna vertebrale quando si tossisce o starnutisce; difficoltà a tornare in posizione eretta quando ci chiniamo. In presenza di questi sintomi dovremmo prendere provvedimenti correggendo le nostre cattive abitudini e affidandoci agli esperti per una ginnastica mirata.

Se però il colpo della strega dovesse sorprenderci, cosa possiamo fare? Innanzitutto è bene rimanere nella posizione antalgica, ovvero quella assunta spontaneamente perché genera meno dolore. Occorre poi cercare appoggi e una posizione adeguata a letto, che andrà mantenuta per diverse ore prima della ripresa graduale dei movimenti. Se il blocco dura più di 24 ore è bene sottoporsi a una visita specialistica per valutare la necessità di indagini diagnostiche quali Rx, TC o RMN.

Evitiamo infine i rimedi casalinghi e per una cura antinfiammatoria affidiamoci esclusivamente al parere del nostro medico e al nostro farmacista di fiducia.

Raffreddore o allergia stagionale?

Naso che cola, starnuti, tosse e difficoltà a respirare: sembrano proprio i sintomi del comune raffreddore, di cui abbiamo già parlato. Tuttavia, come molti di noi già sapranno, non esiste solo la forma virale: il raffreddore può essere causato anche da un’allergia, che non ha quindi a che vedere con infezioni virali o batteriche ma dipende dalla risposta immunitaria del nostro corpo a un allergene. Distinguere le due forme e quindi individuare il giusto approccio terapeutico non sempre è semplice, soprattutto all’inizio.

Come capire allora se siamo affetti da un raffreddore comune o da una rinite allergica?

Immagine da Vivere più Sani

Il primo indizio per distinguerli è la durata: il comune raffreddore può durare tra i 3 e 14 giorni, mentre l’allergia può manifestarsi per diverse settimane o addirittura mesi. Altro dato importante da considerare è il periodo dell’anno in cui si manifestano i sintomi: il raffreddore influenzale coincide sovente con la stagione più fredda, mentre quello allergico tende a manifestarsi principalmente ai cambi di stagione (soprattutto nel caso di allergia ai pollini, il disturbo si concentra nel periodo della fioritura delle piante, che a volte può essere precoce). Quest’ultimo è infatti ovviamente legato all’esposizione all’allergene; tuttavia, se siamo allergici ai pollini delle graminacee i sintomi da raffreddore dureranno uno, due o tre mesi, se invece l’allergia riguarda per esempio gli acari della polvere potranno essere presenti nel corso dell’intero anno. Se siamo invece allergici al pelo di cani o gatti, ecco che il raffreddore si presenterà solo in presenza di questi animali. Questo significa che per identificare la natura di un raffreddore, dobbiamo prestare attenzione anche alle singole situazioni in cui si manifesta.

Differenze più o meno leggere si notano anche nei sintomi. I sintomi del raffreddore virale di solito iniziano 2-3 giorni dopo l’infezione e durano indicativamente 1-2 settimane, presentandosi con produzione di muco, difficoltà di respirazione, starnuti, mal di gola, tosse, mal di testa e talvolta febbre, generalmente lieve. Il raffreddore allergico, invece, si manifesta con congestione nasale più leggera, accompagnata da disturbi oculari quali prurito, gonfiore, lacrimazione e arrossamento, secchezza della gola, starnuti frequenti, scolo retronasale e muco più trasparente e liquido, occhiaie scure, eventuale perdita di olfatto e gusto, e, in alcuni casi, anche un lieve dolore osseo. Inoltre, il raffreddore di origine virale, al contrario di quello di origine allergica, non fa prudere il naso, non ci fa starnutire “a salve”(con raffiche di 4 o più starnuti) e non dà sintomi oculari.

Come affrontare allora la rinite allergica? Innanzitutto, qualora si abbia il sospetto che il proprio raffreddore sia di origine allergica, è opportuno consultare il medico. La cura, oltre al tentativo di ridurre l’esposizione all’allergene, prevede il ricorso a farmaci antistaminici, colliri specifici, spray nasali decongestionanti e, previa valutazione del medico, eventualmente cortisonici; per alcune forme allergiche sono poi disponibili vaccini in grado di favorire una progressiva desensibilizzazione. Se non siamo sicuri di quale sia la natura della rinite o non vogliamo ricorrere a farmaci esistono poi efficaci rimedi naturali.

Se avete dubbi chiedete sempre consiglio al vostro medico e al vostro farmacista di fiducia!

Magnesio: il minerale della salute femminile

Il Magnesio è un minerale essenziale che interviene in oltre 300 reazioni cellulari, garantendo la normale fisiologia dell’organismo. Fondamentale per il metabolismo energetico, il suo campo d’azione comprende in particolare il sistema nervoso e l’apparato muscolare, collabora al buon funzionamento del sistema cardio-circolatorio regolando il battito cardiaco e la pressione, garantisce la solubilità del calcio nelle urine contrastando la formazione di calcoli renali, mantiene in forma l’apparato muscoloscheletrico, scongiurando crampi, lussazioni e fratture, e costituisce inoltre un ottimo rimedio depurativo, perché promuove l’eliminazione delle scorie acide. L’eventuale carenza di magnesio è rivelata da molti disturbi, sia fisici che psico-emotivi: sul piano psicologico possono comparire ansia, nervosismo, irritabilità e stanchezza immotivata; sul piano fisico, invece, i sintomi più frequenti comprendono cefalee, disturbi del sonno, problemi intestinali, disturbi circolatori, crampi e spasmi muscolari, alterazione del ritmo cardiaco e perfino confusione mentale. Il più evidente sintomo di mancanza di magnesio è dato poi dalla comparsa di macchie bianche sulle unghie. Il fabbisogno quotidiano è in generale tra i 300 e i 500 mg ma cambia con l’età e il sesso ed è particolarmente elevato in gravidanza, allattamento e dopo i 65 anni: in questi casi, oltre all’assunzione del minerale attraverso la dieta alimentare, è consigliabile utilizzare integratori specifici.

Se è importante per tutti per le donne è assolutamente indispensabile, data la stretta interdipendenza tra la fisiologia ormonale femminile e svariati apparati, da quello sessuale a quello scheletrico e nervoso. Un buon livello di magnesio è importante sia per attenuare i dolori mestruali, sia per ridurre gli sbalzi d’umore e l’irritabilità tipici della sindrome premestruale. In menopausa, smorza le vampate di calore, diminuisce le manifestazioni ansiose, previene la comparsa di osteoporosi e di artrosi da perdita di sali minerali.

La buona notizia è che in natura il Magnesio è presente in quasi tutti gli alimenti. Ne sono particolarmente ricchi tutti i cereali integrali ( si trova sia nel germe che nella crusca), e in particolare il miglio e il grano saraceno. Tra i vegetali primeggiano invece tutte le verdure a foglia verde (in particolare spinaci, cavolini di Bruxelles, bietola, rucola, cicoria, broccoli,…), così come la frutta fresca (in particolare banane, meloni, uva, more, lamponi, fragole, ciliege) ed essiccata (datteri, fichi secchi e albicocche secche).

Altre fonti di Magnesio sono i legumi (in particolare soja, lenticchie, ceci, fagioli bianchi e borlotti), la frutta secca (soprattutto mandorle, noci del brasile, noci, arachidi, pistacchi) e anche i semi oleosi (sesamo, zucca e girasole). Ricchissimo di Magnesio è anche il cacao, purché sia fondente. Tra i prodotti di origine animale, è presente in dosi moderate sia in pesce, carne e latticini. Quello che dobbiamo sapere, tuttavia, è che la cottura degli alimenti riduce la disponibilità del Magnesio in essi contenuto, e che sarebbe importante utilizzare in cucina solo il sale marino integrale, che ne contiene in grande quantità, al posto del comune sale raffinato, che ne contiene pochissimo.

Quando, infine è bene integrarlo? L’assunzione di integratori di Magnesio è raccomandata in tutti i casi di sintomatologie e disturbi che ne rivelano la carenza o l’aumentato fabbisogno ma in generale sarebbe bene assumerlo ciclicamente dopo i 40 anni e soprattutto in età avanzata, quando il fisiologico rallentamento metabolico dovuto ai cambiamenti ormonali o all’invecchiamento dei sistemi organici rende più difficile al corpo procurarselo dagli alimenti.

Se avete dubbi chiedete consiglio al vostro medico e al vostro farmacista di fiducia!

Tosse: come affrontarla?

Ci risiamo: secca o grassa che sia, anche quest’inverno la tosse è tornata a perseguitarci!

immagine da my-personaltrainer.it

Tuttavia, c’è da chiarire un equivoco: la tosse non è una malattia, ma un sintomo. Scatta infatti ogni volta che qualcosa irrita le mucose della gola, della trachea o dei bronchi ed è una risposta spontanea dell’organismo che si difende da sostanze irritanti come polvere, fumo, virus o batteri che ostruiscono il normale passaggio dell’aria.

La tosse non va trascurata, poiché potrebbe essere la spia di disturbi più seri. Tra le cause più comuni ci sono le infiammazioni che coinvolgono le prime vie aeree, come la laringite e la faringite. Una causa molto frequente è poi l’accumulo di muco nelle vie aeree superiori, in particolare nei bronchi, prodotto da infezioni respiratorie o dall’abitudine al fumo. A scatenare il riflesso della tosse può essere anche l’ingresso nell’albero respiratorio di particelle estranee di varia dimensione (particolato atmosferico, batteri, frammenti di cibo o materiale inerte), gas irritanti (smog, fumo, esalazioni chimiche, prodotti spray, ecc.) oppure liquidi. Anche l’azione irritante degli acidi gastrici che risalgono l’esofago fino all’ingresso della trachea, a causa del reflusso gastroesofageo, provoca la tosse. Esistono poi forme di tosse cronica persistente associate a patologie respiratorie, come la BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva) e l’asma, o legate all’assunzione di alcuni farmaci, come ad esempio gli ACE-inibitori usati per il trattamento dell’ipertensione.

Come anticipato, ci sono diversi tipi di tosse. La tosse grassa è accompagnata da catarro, prodotto principalmente a livello dei bronchi. Per curarla negli adulti si utilizzano generalmente farmaci mucolitici (agiscono a livello delle proteine del muco, frantumandole), o espettoranti (agiscono aumentando il volume di fluido e le secrezioni all’interno delle vie aeree, favorendone l’espulsione con la tosse).

La tosse secca è invece una tosse fastidiosa e tendenzialmente insistente che si associa a infiammazione, irritazione e prurito della gola, ma priva di secrezioni fluide o mucose. Insorge tipicamente dopo inalazione di sostanze irritanti o in occasione di infezioni provocate da virus respiratori e confinate alla faringe, alla laringe e alla parte superiore della trachea. Per attenuare la tosse secca si possono assumere farmaci sedativi ad azione periferica a ad azione centrale (agiscono a livello dei centri nervosi cerebrali che innescano il meccanismo della tosse). Gli antitussigeni possono avere però diversi effetti collaterali (sonnolenza, difficoltà di respirazione, agitazione…), soprattutto in caso di sovradosaggio. I sedativi della tosse sono infine particolarmente utili se la tosse si manifesta in modo insistente durante la notte, impedendo di riposare, ma vanno evitati se è presente catarro, perché ne renderebbero più lenta e difficoltosa l’eliminazione; in linea di massima, in caso di tosse secca, è bene associare un mucolitico e ricorrere al sedativo solo prima di andare a dormire. Se la natura della tosse non è chiara o si vogliono evitare i farmaci, meglio infine ricorrere a rimedi naturali più sicuri e meno invasivi.

Oggi esistono infatti dispositivi medici a base di complessi molecolari naturali che agiscono meccanicamente sulle cause della tosse, formando un film protettivo sulla mucosa orofaringea che ne inibisce lo stimolo incentivando la fluidificazione e la rimozione delle secrezioni bronchiali con un’azione dolce ma efficace.

Se avete dubbi chiedete sempre consiglio al vostro medico e  al vostro farmacista di fiducia!