La differenza tra cibo e prodotti alimentari…

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Quando facciamo spesa o mangiamo fuori casa non sempre ci interroghiamo su cosa realmente stiamo consumando e introducendo nel nostro organismo… L’educazione alimentare è invece alla base della nostra salute e del nostro benessere, e quindi, come dico sempre, della nostra bellezza…

Oggi vorrei riflettere sulla differenza tra i prodotti alimentari, o cibi lavorati e confezionati, e il cibo vero e proprio.

Il cibo è ciò che la natura produce e offre nel rispetto della biodiversità agro-alimentare e dei ritmi naturali, e senza l’obiettivo della massima resa, come ad esempio l’insalata del nostro orto.

Il prodotto alimentare, invece, è il risultato della manipolazione dell’uomo sul cibo (una zuppa di verdure in scatola ad esempio), allo scopo di esaltarne i sapori, gli odori e altre proprietà; si tratta cioè di appagamenti indotti artificialmente agendo sulla appetibilità, e oggi sono questi ultimi a dominare il mercato.

Che cos’è l’appetibilità? Deriva dal latino appetere (desiderare un cibo) e viene esaltata attraverso zucchero, sodio e additivi chimici capaci di modificare le proprietà organolettiche dei prodotti alimentari, con lo scopo di esaltarne il piacere (anche attraverso i grassi saturi) e spingere al loro maggior consumo. L’appetibilità è inversa al senso di sazietà: più la prima è alta, più è basso il secondo. Questo significa avere una maggiore sensazione di fame e mangiare di continuo prodotti alimentari con gusti, odori e colori modificati dalla tecnologia.

Perché vengono aggiunti gli aromi agli alimenti? Prima di tutto perché i consumatori si aspettano un determinato sapore e per recuperare o migliorare il gusto perso durante il processo di lavorazione, ma spesso anche per rimediare alla bassa qualità delle materie prime.

La gran parte degli alimenti trasformati e raffinati sono progettati allo scopo di favorire comportamenti di dipendenza: non soltanto gli ingredienti, ma anche la consistenza e la sensazione che danno in bocca vengono studiati con il fine unico di provocare un’esperienza di piacere che stimola il cervello alla stregua di una droga.

Nel settore dell’alimentazione la Neuroscienza è infatti entrata in scena da tempo, per contribuire a creare cibo più coinvolgente e quindi redditizio. In particolare si considera la cosiddetta “sazietà sensoriale specifica”: un alimento non deve mai soddisfare completamente, ma essere abbastanza piacevole da indurne la voglia. Così, i prodotti di maggiore successo devono il loro consumo di massa a formule molto complesse, capaci di stuzzicare notevolmente le papille gustative ma senza avere un sapore ben distinto, che è invece quello che serve al cervello per indurre il senso di sazietà (questa è una differenza che corre tra un panino fatto in casa e i panini delle grandi catene di fast food, ad esempio).

Purtroppo c’è una preoccupante sovrapposizione tra il comportamento delle droghe, specie la nicotina, e del cibo nel cervello. È stato infatti dimostrato che gli stessi meccanismi molecolari che guidano le persone alla tossicodipendenza si trovano anche dietro alla compulsività nel mangiare troppo, che porta spesso all’obesità. Il quadro è ancora più grave se si considera che queste strategie sono rivolte soprattutto a bambini e ragazzi, che sono più vulnerabili e hanno meno strumenti per scegliere ciò che è sano. Tocca a noi informarci per tutelare la nostra salute e quella dei più piccoli!